Trattando le api con una terapia a base di luce infrarossa si possono limitare i danni provocati dai neonicotinoidi e migliorare il tasso di sopravvivenza delle api avvelenate
raduzione a cura di Francesco Lombardi e Marco D’Imperio
I neonicotinoidi sono potenti pesticidi che causano la morte di api, uccelli, invertebrati e di molti altri esseri viventi. Essi vengono assorbiti dalle radici o dalle foglie per essere poi traslocati, in quanto pesticidi sistemici, negli altri organi della pianta e quindi anche nel nettare e nel polline. Una volta ingeriti dagli insetti, i neonicotinoidi esercitano una specifica azione neurotossica agendo sul sistema nervoso con effetti letali o sub letali indebolendo la funzionalità mitocondrialie e compromettono la produzione di ATP, la fonte di energia che guida le funzioni cellulari. Ciò provoca una ridotta mobilità delle api esposte ai neonicotinoidi che, quindi, sono disorientate, più suscettibili ad ammalarsi ed incapaci di nutrirsi.
Il Professor Glen Jeffery, dell’istituto di oftalmologia UCL ed autore dell’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista PLOS ONE, dichiara di aver sviluppato uno piccolo strumento che può essere posizionato all’interno delle arnie per risolvere in maniera veloce ed economica diversi problemi che affliggono l’apicoltura moderna.
I ricercatori hanno analizzato 4 gruppi di api:
- un gruppo trattato con il neonicotinoide imidacloprid per 10 giorni;
- un gruppo trattato con il neonicotinoide imidacloprid per 10 giorni e contemporaneamente sottoposto ad un trattamento di 15 minuti con luce infrarossa (670 nm), due volte al giorno (trattamento somministrato attraverso lo strumento posizionato all’interno dell’arnia);
- un gruppo trattato unicamente con la luce infrarossa (due trattamenti al giorno, per 15 minuti a trattamento, per 10 giorni);
- un gruppo di controllo NON sottoposto ad alcun trattamento.
I ricercatori hanno così potuto constatare che la mobilità delle api avvelenate con l’imidacloprid ma non trattate con luce infrarossa era significativamente calata così come erano calati i livelli di ATP e conseguentemente il tasso di sopravvivenza delle api stesse.
Le api che invece sono state avvelenate con l’imidacloprid e contemporaneamente trattate con la luce infrarossa avevano una mobilità ed un tasso sopravvivenza decisamente migliori tanto da sopravvivere quanto le api non avvelenate.
Le api non avvelenate ma trattate con la sola luce infrarossa avevano un tasso di sopravvivenza addirittura più alto del gruppo di controllo.
I ricercatori hanno poi verificato che la luce infrarossa non ha influenzato il comportamento delle api in quanto tali lunghezze d’onda non sono percepite dalle api stesse.
Secondo gli autori, la luce infrarossa, oltre ad essere utilizzata come trattamento preventivo, può essere utilizzata come trattamento di recupero in risposta ad un avvelenamento, a patto che il trattamento inizi entro un paio di giorni dal momento dell’esposizione all’inquinante.
Gli stessi ricercatori sostengono che l’uso della luce infrarossa su api esposte ad avvelenamenti da pesticidi permette un veloce recupero delle funzioni mitocondriali e visive e ciò consente loro di rimettersi in moto e di nutrirsi di nuovo.
Del resto la luce infrarossa viene già utilizzata in altri campi per contrastare gli effetti dell’invecchiamento che si hanno in una serie di malattie neurologiche. Quando una cellula nervosa usa più energia di altre cellule e viene quindi debilitata, una terapia con luce infrarossa può servire a riattivare l’attività mitocondriale. In sostanza, spiega il professor Jeffery, è come se le cellule ricaricassero le loro batterie.