di Marco D’Imperio
Anche quest’anno si è tenuto a Castel San Pietro Terme (BO) il tradizionale incontro dei tecnici affiliati UNAAPI provenienti da tutta Italia.
Gli argomenti di discussione e confronto sono stati numerosi e tutti di notevole interesse.
Aethina tumida: inevitabile cominciare con il piccolo coleottero dell’alveare.
Sono state fornite indicazioni per l’identificazione e per il monitoraggio del coleottero e per la gestione in apiario ed in laboratorio; in quest’ultimo caso, un controllo della temperatura e dell’umidità permette di creare condizioni tali da non consentire lo sviluppo delle forme larvali e/o l’uccisione delle uova. La sensazione è che dobbiamo prepararci a gestire Aethina t. ma che ancora non abbiamo una precisa contezza su come farlo. Quelle che si possono fare ora sono solo ipotesi mutuate dalle esperienza americane e australiane ma è da lì, ovviamente, che dobbiamo partire!
Inoltre, è stato fatto il punto della situazione in merito alla strategia messa in campo dalle autorità per fermare l’espansione. Qualche spiraglio sembra aprirsi. La strategia dei roghi dovrebbe essere accantonata e si stanno valutando altre ipotesi che non prevedano l’abbattimento di interi apiari. Per ora si attende la primavera per valutare se e quanto ha attecchito il coleottero.
MAQS: i primi risultati relativi alla sperimentazione del nuovo farmaco a base di acido formico sono frammentari e parziali. APAS (Marco D’Imperio) ha presentato il proprio resoconto in base al quale è emerso che l’efficacia di abbattimento della varroa sembra essere evidente (ma aspettiamo la ripresa primaverile per dare un giudizio più completo). Tuttavia si registrano elevate percentuali di orfanità e ciò potrebbe essere legato al range di temperatura che, secondo le nostre impressioni, non può essere quello indicato sul bugiardino del farmaco (10-29,5 °C). Per le nostre zone (centro sud) sembra essere più indicato un range di temperatura misurata all’ombra di 10-23 °C. Va inoltre approfondito il ruolo dell’umidità all’interno dell’alveare e come questa influisca sull’efficacia del formico. Inoltre, è evidente che per famiglie più piccole (es. 6 favi), anche se ben presidiate da api, potrebbe bastare una sola striscia di MAQS anziché 2 come invece consigliato dalla casa produttrice.
Ingabbiamento: anche in questo caso APAS (Antonio Carrelli) ha presentato il proprio resoconto. Le prove di ingabbio fatte l’anno scorso hanno gettato le basi per una migliore programmazione degli ingabbi fatti o da fare in questa stagione. Le migliorie hanno riguardato:
- il tipo di trappola che, partendo dal modello ucraino-polacco hanno portato a modelli “italiani” che consentono una più facile liberazione della regina (aperture più grandi e poste in posizioni più comode) ed un minore rischio di mortalità (angoli smussati).
- La tempistica dell’ingabbio che non deve essere eccessivamente lunga e soprattutto deve consentire uno sgabbiamento anticipato rispetto alle fioriture di almeno 60-70 giorni.
I benefici derivanti da ingabbi prolungati su 40-80 giorni, pur necessitando di ulteriori approfondimenti e di valutazioni più rigorose dal punto di vista scientifico, sembrano essere diversi:
- Il blocco di covata prolungato consente, anche a latitudini dove un blocco reale non si ha quasi mai (centro-sud), di effettuare trattamenti eradicanti di varia natura che certamente mostrano una efficacia superiore alla media. Va anche considerato che più si ritarda lo sgabbiamento, e quindi la ripresa della deposizione della regina, più si ritarda la ripresa della crescita della popolazione della varroa. Quest’ultimo aspetto, se ben congeniato, potrebbe rendere inutili i trattamenti tampone primaverili-estivi.
- Le famiglie ingabbiate non avendo covata da nutrire e termoregolare consumano molte meno scorte e/o nutrimento.
- La scomparsa della covata per un tempo prolungato consente alle api di effettuare una radicale pulizia dei favi ed in tal modo si abbassano le cariche virali, batteriche, etc. presenti all’interno dell’alveare.
Vespa velutina: dopo l’attacco proveniente da sud con Aethina t. si è passati all’attacco proveniente da nord con la Vespa v.. In questo caso, però, le facce degli apicoltori si fanno più scure e gli occhi si fanno lucidi. La sensazione che aleggia è quella dell’impotenza contro un “nemico” che sembra non avere punti deboli e la lotta assume le vesti di una battaglia eroica. Le esperienze riportate al CRT parlano di una avanzata inesorabile che, partendo dalla Francia, ha ormai colonizzato la porzione di ponente della Liguria. La Vespa velutina si pone in prossimità dell’ingresso dell’arnia per predare con enorme facilità le poche api che coraggiosamente decidono di uscire. Quelle che non lo fanno, restano dietro la porticina in attesa di un lento ed inesorabile collasso per mancanza di scorte.
Le proposte al momento sembrano essere poche:
- innanzitutto posizionare le trappole che, se utilizzate in determinati periodi (da febbraio a maggio ed in autunno), possono catturare le regine feconde e allentare la pressione nella zona.
- L’altra arma a disposizione è quella della individuazione e distruzione dei nidi primari o secondari. In tal senso giungono notizie che l’area di predazione di una famiglia di Velutina si allarga dai 500 m ipotizzati sino a qualche tempo fa ai 2 km ipotizzati ora. È ovvio che trovare un nido nel raggio di 2 km, in un territorio che è spesso impervio, diventa impresa assai difficile. Il consiglio è quello di osservare le linee di volo delle vespe che dopo aver predato tornano al proprio nido. Per la soppressione del nido, una volta individuato, ci si sta attrezzando con aste telescopiche sempre più leggere ed efficienti con le quali si insuffla permetrina all’interno dell’alveare. Nel caso della individuazione dei nidi, è fondamentale la strutturazionee di un servizio di raccolta delle segnalazioni e di coordinamento degli abbattimenti.
Regine VSH (Varroa Sensitive Hygiene): in tarda serata Aspromiele ha presentato i primi ed interessantissimi risultati del progetto che ha come obiettivo quello di selezionare madri che danno origine ad api con elevata attività igienica per la varroa. Il lavoro si basa sul fatto che fra il nostro patrimonio genetico abbiamo già delle api che riescono ad individuare le celle infestate da varroa, a dispopercolarle e a distinguere le varroe fertili/infertili. Successivamente, una volta soppressi gli acari fertili ed eventualmente operato una sorta di cannibalismo delle pupe danneggiate, se occorre, sono in grado di richiudere l’opercolo. Mediante tale meccanismo all’interno di una colonia di api viene modificato il rapporto fra gli acari riproduttivi (fertili) e quelli non riproduttivi (infertili); pertanto le famiglie VSH presentano un maggior numero di varroe infertili rispetto a quelle non VSH. In sostanza il VSH è una forma di attività igienica attuata nei confronti della varroa che in tal modo viene contenuta. Lo scopo del progetto è quindi quello di andare alla ricerca, all’interno dei nostri apiari e mediante un lavoro lungo e minuzioso, di madri con elevata attività VSH e di amplificare, con la selezione, tale carattere.