Aethina tumida è il cruccio che maggiormente preoccupa gli apicoltori di tutta Italia in questo momento. Ma quali sono le prospettive? Cosa ci aspetta?
di Marco D’Imperio
Aethina tumida è il cruccio che maggiormente preoccupa gli apicoltori di tutta Italia in questo momento. L’argomento è stato inizialmente introdotto da Francesco Panella il quale ha fatto il punto in merito alla strategia messa in campo dalle autorità per fermare l’espansione in Calabria e in Sicilia. Nonostante le timide aperture degli apparati ministeriali, i roghi, seppur diminuiti per effetto della stagione autunno-invernale, non sono cessati e si attende, quindi, la primavera per valutare la reale entità della diffusione. A questo punto pare ovvio che il tentativo di eradicazione mediante gli incendi di tutti gli alveari dell’apiario nei quali si è rinvenuto anche un solo coleottero non ha portato ai risultati sperati e dunque occorre passare ad una seconda fase nella quale adottare tecniche di contenimento meno distruttive. È poi opinione comune, sia del mondo apistico che di quello prettamente scientifico, che sia praticamente impossibile contenere l’espansione di un insetto che, potendo volare, si muove per decine di chilometri riproducendosi anche negli sciami naturali e nella frutta. Pertanto, preso atto di tali aspetti, occorre prepararsi alla gestione dell’Aethina e a fare formazione in merito.
In tale ottica, nella parte finale del convegno, il tecnico Antonio Carrelli ha fornito alcune indicazioni per una prima identificazione del coleottero il quale si presenta con una lunghezza media pari a circa 1/3 di un’ape. Il coleottero svolge il suo ciclo vitale in quattro fasi: partendo dalle uova, dopo 2-6 giorni si ha la schiusa con la nascita delle larve le quali hanno caratteristiche file di aculei sulla schiena e 3 paia di minuscole protozampe vicino alla testa (cosa che le distingue dalle larve della tarma della cera). Dopo 10-14 giorni, le larve misureranno 10-11 mm in lunghezza ed i favi, se fortemente infestati, assumono un aspetto vischioso. La fase successiva del ciclo di vita si svolge nel terreno nel quale le larve si vanno ad impupare. Da qui nascono i nuovi coleotteri che, attratti dai feromoni delle api, andranno a colonizzare nuovi alveari distanti anche decine di chilometri.
Ma quali sono le armi che gli apicoltori hanno oggi a disposizione. La prima e più efficace arma che gli apicoltori australiani e statunitensi utilizzano è certamente quella di mantenere famiglie di api forti. In tal modo le api riescono a tenere l’Aethina confinata nei loro nascondigli e ad evitare che prenda il sopravvento. Altra buona norma potrebbe essere quella di selezionare postazioni in cui il tasso di umidità non è eccessivo. Infatti, se l’umidità è bassa sono minori gli adulti che giungono a maturazione.
Vi sono poi un discreto numero di trappole che possono essere utilizzate per contenere la crescita esponenziale del coleottero all’interno dell’alveare; fra queste possiamo citare: i) le bande di plastica in policarbonato che si possono posizionare sul fondo dell’alveare o sopra i favi; II) le trappole da posizionare nello spazio interfavo e che contengono aceto di mele o olio di vasellina; III) il panno di spugna assorbente posto sopra i favi il quale ha la funzione di intrappolare l’Aethina tumida.
Certamente l’arrivo del coleottero ci impone di riorganizzare le fasi di smielatura e di adottare accorgimenti opportuni per evitare danni ingenti. Partiamo dal fatto che quando portiamo i melari in laboratorio non abbiamo più le api che presidiano i favi ovvero il primo e fondamentale metodo di contenimento dell’Aethina. In assenza di api, i melari con miele in attesa di estrazione possono essere attaccati dalle larve o costituire il terreno di sviluppo delle uova. Se ciò accade, il miele fermenta velocemente e diviene inutilizzabile. La prima cosa da fare è quindi quella di provvedere alla smielatura nell’arco della giornata e, se ciò non è possibile, stoccare i melari in celle frigo con temperature di -13÷-22 °C per 6 ore oppure 1÷9 °C per 12 giorni e/o mantenere l’umidità sotto il 40÷50% in modo da uccidere le uova, le pupe e gli adulti. La gestione dell’umidità sembra essere, al momento, la cosa più agevole da realizzarsi con costi contenuti. Fra gli altri accorgimenti, è opportuno provvedere ad un’accurata e frequente disinfezione dei laboratori, dotarsi di lampade attira larve da posizionate sul pavimento ed infine, cosa estremamente importante, provvedere ad un’immediata lavorazione (in giornata) della cera di opercolo o ad un suo congelamento così da evitare la riproduzione del coleottero.
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