In periodi in cui i raccolti si fanno sempre più scarsi, le competenze floristiche si rendono quanto mai necessarie per l’apicoltore moderno. Vi forniamo, dunque, qualche consiglio!
di Marco D’Imperio
Tutti gli apicoltori sanno che una delle prime competenze da acquisire per poter aspirare a buoni raccolti è quella della conoscenza della flora ed in particolare di quella di interesse apistico ovvero le piante in grado di produrre nettare e polline. In periodi come questi in cui i raccolti si fanno sempre più scarsi per effetto dei cambiamenti climatici e dell’uso dei pesticidi, tale competenza si rende quanto mai necessaria per l’apicoltore moderno.
Innanzitutto va ricordato che non tutte le piante hanno un’impollinazione zoofila (ad opera degli animali) ed in particolare entomofila (ad opera degli insetti). Molte piante, quelle più “primitive” lungo la scala evolutiva, affidano i processi di impollinazione e quindi la loro riproduzione al vento e sono pertanto dette anemofile. Questi ultimi processi di impollinazione sono in genere meno efficienti e quindi tali piante sono costrette a produrre una grossa quantità di fiori e di polline per poter aumentare il loro potenziale riproduttivo. Tuttavia, quando si eseguono le analisi melissopalinologiche per la caratterizzazione dei mieli, non è raro trovare pollini proprio di specie ad impollinazione anemofila (es. quercia ed ulivo). Questo perché tali pollini, come detto, vengono trasportati dal vento ed in tal modo possono finire nel melario o investire le api che si muovono in volo. Inoltre, accade che le api visitino molte tipologie di fiori e non è raro che si poggino sui fiori che non producono nettare il quale, va ricordato, è lo stratagemma che le piante più evolute hanno messo in atto per catturare l’attenzione degli insetti/animali. Durante questa incessante ricerca di nettare, dunque, può capitare che le api si imbrattino di polline che non proviene da specie prettamente nettarifere e questo spiega il perché tali pollini possono ritrovarsi nel miele.
É bene poi ricordare che è più opportuno parlare di genere di interesse apistico anziché di specie. Questo perché gli adattamenti morfologici dei fiori, in particolare quelli del nettario, all’interno di un genere sono pressoché identici; quindi, se una specie è mellifera, quasi certamente lo saranno anche le specie appartenenti allo stesso genere.
Non si deve poi commettere l’errore di valutare le potenzialità nettarifere/pollinifere delle piante utilizzando il nome comune. Per esempio, se si considerano i castagni comunemente presenti nelle nostre zone, ovvero il castagno comune e l’ippocastano, potremmo essere indotti a pensare che sono entrambi nettariferi (essendo entrambi comunemente identificati come castagni). Tuttavia le due specie appartengono a due generi differenti: il castagno comune (Castanea sativa) appartiene al genere Castanea che è fortemente nettarifero e pollinifero; l’ippocastano (Aesculus hippocastanum) appartiene al genere Aesculus che invece è solo parzialmente nettarifero e pollinifero e dunque di poco interesse per le api.
Un altro esempio emblematico della confusione che può generare l’uso del nome comune lo si ritrova quando ci si imbatte nelle ginestre comunemente dette. All’interno di tale categoria -NON tassonomica- si ritrovano due generi completamente differenti dal punto di vista apistico: le specie appartenenti al genere Genista producono poco polline e poco nettare ma, in determinati territori ed in determinati periodi dell’anno, possono costituire una risorsa per le api; le specie appartenenti al genere Spartium, fra le quali il diffusissimo Spartium junceum, invece, sono ad impollinazione anemofila e dunque non sono di alcun interesse per le api.
Ma come si fa a capire se una specie o meglio un genere è di interesse apistico o meno?
Esistono numerosi testi o siti che ci aiutano in questo anche se spesso sono calibrati su un catalogo floristico molto limitato e spesso ristretto a piccoli areali.
Vogliamo qui mettere a disposizione degli apicoltori meno esperti e di quelli più navigati un documento abbastanza ampio nel quale sono inserite quasi tutte le specie di interesse apistico italiane.
Va precisato che:
- il file è un work in progress ovvero è in continuo aggiornamento perché anche le conoscenze che abbiamo sui generi nettariferi/polliniferi sono in continuo mutamento.
- Il file è in Excel perché così si può ricorre alla comodissima funzione del filtro per trovare ed aggregare le specie di interesse.
- I mesi di fioritura sono indicativi e mediati su un territorio, quello italiano, molto ampio e diversificato dal punto di vista pedoclimatico. Dunque nelle regioni del sud o in microambienti più caldi (es. le coste), le fioriture possono essere anticipate anche di uno o due mesi rispetto a quelle indicate mentre in regioni più fredde o ad altitudini maggiori le stesse fioriture possono essere ritardate di uno o due mesi.
- La scala del potenziale nettarifero/ pollinifero è quella che usa solo 4 categorie mentre in alcuni testi cominciano a comparire scale che presentano 5 categorie.
A proposito di potenziale nettarifero ricordiamo che esso rappresenta una misura della capacità che quella specie ha di produrre nettare e si calcola considerando:
- la quantità media di nettare secreto da un fiore in 24 ore;
- la sua concentrazione zuccherina;
- il tempo di sopravvivenza del fiore;
- il numero medio di fiori per unità di superficie o, nel caso di alberi, per pianta.
I risultati si esprimono in termini di kg miele/ha, ma ciò non costituisce una previsione reale della quantità di miele che è possibile ottenere bensì una stima teorica della potenzialità della pianta nelle condizioni più favorevoli. Questo perché, va detto, l’equazione “presenza del fiore = presenza del nettare” è lontana dall’essere un assunto sempre veritiero. In effetti la secrezione del nettare nelle pinte dipende da numerosi fattori:
- la presenza di acqua nel terreno: è intuitivo che il nettare, essendo un liquido più o meno denso, può essere secreto dalle piante solo in presenza di una sufficiente quantità di acqua. In condizione di scarsità di acqua, le specie non xerofile ovvero quelle NON abituate ad ambienti aridi, orientano i loro nutrienti verso l’accrescimento vegetativo (le foglie) piuttosto che verso gli apparati riproduttivi (i fiori).
- L’età del fiore: influisce significativamente sulle caratteristiche e sulle quantità (volume) del nettare: il volume del nettare aumenta fino allo stadio adulto e diminuisce allo stadio senescente, mentre la concentrazione degli zuccheri nello stesso nettare aumenta progressivamente.
- L’esposizione: i fiori delle piante esposte al sole presentano un maggior volume di nettare ed hanno una maggiore quantità di zuccheri (maggiori concentrazioni) rispetto ai fiori di piante ombreggiate. Quest’ultimo aspetto (la concentrazione) dipende sostanzialmente dal fatto che, in condizioni soleggiate, il nettare subisce una più intensa evaporazione dell’acqua dovuta a valori più alti di temperatura e a valori più bassi di umidità relativa e dunque tende a concentrarsi. In sostanza, le piante ombreggiate tendono ad investire meno energie nella produzione di nettare. Inoltre, gli impollinatori diurni, soprattutto api (Apis mellifera) e bombi (Bombus lucorum), mostrano una maggiore frequenza di visite nei confronti delle piante esposte in piena luce rispetto a quelle in ombra soprattutto durante le ore centrali della giornata.
- La nuvolosità: può diminuire significativamente la quantità di nettare prodotto nelle piante all’ombra mentre sembra non influire sulle piante esposte al sole.
- La temperatura: in presenza di alte temperature, pur essendoci buone disponibilità di acqua, le piante più comuni alle nostre latitudini tendono a chiudere gli stomi per evitare la disidratazione. La disidratazione viene anche evitata riducendo le quantità di nettare secreta. Anche le basse temperature tendono a ridurre le quantità di nettare secrete perché aumentano la viscosità dei liquidi e quindi ne rendono più difficoltosa le traslocazioni all’interno della pianta.
Come ulteriori strumenti a beneficio degli apicoltori esperti di flora apistica segnaliamo:
- Il sito Acta Plantarum ed in particolare le schede botaniche grazie alle quali è possibile verificare se una determinata specie di interesse apistico è presente nella nostra regione e nella nostra fascia altimetrica. Inoltre è possibile risalire al periodo di fioritura, ai suoli nei quali preferenzialmente la specie si rinviene (es calcare, vulcanici, ecc.) e alle associazioni vegetali nelle quali la stessa specie tende a ritrovarsi (es, quercete, faggete, sp. ruderali, ecc.).
- Fra le numerose App scaricabili sugli smartphone, segnaliamo my Garden Answers. Attraverso tale applicazione è possibile scattare una foto di una pianta di cui non conosciamo il nome ed interrogare il data base del programma. In mancanza di una risposta certa, il programma propone una serie di foto con le quali paragonare la nostra pianta. È anche possibile scattare la foto in zone prive di copertura telefonica ed interrogare il sistema in un secondo momento. Inoltre, tutte le nostre “domande” vengono salvate per future consultazioni.